La promozione della Spal è un vanto per l’intera città, con il nome di Ferrara che circola fluido tra il grande pubblico. Un punto d’orgoglio, che può diventare anche termine di paragone. Il calcio è in serie A, ma gli altri ambiti della vita cittadina? La sanità, i trasporti, l’accoglienza turistica, l’economia? Promossi o da bocciare? Quali altre eccellenze offre Ferrara, cosa c’ è da migliorare e cosa cambiare? Ne facciamo tema di un’inchiesta a puntate che tasta il polso al territorio, aperta al confronto. Dopo aver esaminato i temi dell’università, del turismo, delle infrastrutture e dell’economia, ecco oggi la quinta puntata dedicata alla cultura e ai musei.
di GIAN PIETRO ZERBINI
Sono passati tanti anni, circa un quarto di secolo, da quando l’allora sindaco Roberto Soffritti, parlando di Ferrara, in un’intervista alla Nuova disse che ci voleva per la città un Abbado anche per l’economia. A distanza di questo lungo periodo, all’ombra del Castello, ancora nessuno con la bacchetta magica sul piano economico si intravede all’orizzonte, anzi certi crac epocali, dalla Costruttori al Consorzio Agrario, per arrivare alla recente tragedia Carife, hanno peggiorato una situazione che già allora – per ammissione del sindaco – non era certamente rosea. Tra l’altro adesso non c’è più nemmeno Abbado, ma il solco lasciato in quegli anni sul piano culturale, ha contributo a vivacizzare una piazza che nel tempo è riuscita a ritagliarsi uno spazio importante in questo ambito anche in campo nazionale. I primi anni Novanta verranno ricordati certamente per la sciagurata scelta di far l’ospedale a Cona, di continuare a costruire il Palaspecchi come edificio simbolo della Ferrara del nuovo millennio e di non aver fatto quasi nulla sul piano della infrastrutture, ma in ambito culturale ci fu un significativo cambio di passo e soprattutto di mentalità. Non solo Abbado dicevamo, che, per quanto elitario, ha contribuito a portare il nome di Ferrara nel mondo, chiamando al Teatro Comunale - che oggi porta giustamente il suo nome - i Berliner, i Wiener, e alcune delle più prestigiose orchestre di musica sinfonica del mondo. In soldoni è come se allo stadio “Mazza” venissero a giocare il Real Madrid, il Bayern e - come dicono gli spot - tutto il meglio della Champions League.
Oltre alla musica, nel 1992 iniziò anche una straordinaria stagione espositiva a palazzo Diamanti che ha lasciato un segno importante e anche questo al momento indelebile. Era l’anno della mostra su Monet che stabilì un record di 232mila presenze ancora imbattuto e che cominciò a lanciare Ferrara come una delle piazze più importanti del panorama artistico, trasformando palazzo Diamanti in quel magico contenitore sognato anche dall’Ariosto mentre guardava Biagio Rossetti costruirlo. Una spinta e una vocazione culturale che negli anni si è rafforzata, passando anche per l’assessore Franceschini, che vent’anni dopo sarebbe diventato ministro della cultura. Per non parlare del decennio di Sateriale, sensibile alla materia al punto da tenersi per se per un paio d’anni la delega alla cultura una volta che Ronchi passò in Regione. Furono soprattutto gli anni di Ronconi e del varo di Internazionale, uno dei tantissimi festival di caratura elevata che fanno di Ferrara una piccola capitale culturale. Gli anni di Tagliani, caratterizzati da ristrettezze economiche e vicissitudine finanziarie a livello globale - la Fondazione bancaria, main sponsor in tante occasione, da parecchi anni per le note vicende non sgancia più un quattrino - sono anche quelli di un rifiorire di iniziative per merito anche del contributo dato dall’associazionismo e dalla messa in rete di progetti in ambito non solo cittadino. L’attuale sindaco ha confermato all’assessorato Massimo Maisto, uno che di professione prima di fare il politico esercitava il ruolo di operatore culturale. Ci vuole mestiere per organizzare la vita culturale cittadina che a Ferrara offre molti spunti interessanti ed è più complessa e variegata di quello che può sembrare.
Alla domanda se sul piano culturale Ferrara sia veramente da serie A, la risposta è affermativa anche se è costretta ogni giorno a lottare per la salvezza. Per non retrocedere. La concorrenza è serrata e visto che è impensabile una lotta scudetto con realtà di caratura mondiale come Roma, Milano, Torino, Firenze e Venezia, non rimane che fare punti contro le cosiddette provinciali. In Regione ce la giochiamo con Bologna e Ravenna, mentre sull’asse della via Emilia, le province economicamente più ricche indicano spesso Ferrara come modello da seguire sul piano culturale. Chiedete a Reggio, come ci invidiano il fatto di aver sfruttato alla perfezione lo scorso anno Ariosto e adesso il Bononi, personaggi che erano anche nelle loro corde, ma evidentemente considerati meno importanti dell’erbazzone. A Modena, solitamente un po’ distaccati quando c’è da mettersi insieme con Ferrara, vedi la partita della Camera di Commercio, non hanno battuto ciglio alla proposta di formare le Gallerie Estensi, riconoscendo l’attrazione storica e culturale che anche oggi esercita la prima capitale del Ducato. Insomma a Ferrara c’è una vocazione culturale che resiste negli anni, anche senza grossi investimenti. Basta guardare al fenomeno buskers, i cosiddetti “ruznun”, come venivano malignamente apostrofati i suonatori di strada quando sbarcarono a Ferrara per la prima volta nel 1988, per capire come Ferrara, intesa anche come spazio, possa essere una certa importantissima da giocare sul piano culturale. Il festival ideato da Stefano Bottoni e che vanta nel mondo più tentativi di imitazione della Settimana Enigmistica continua dopo trent’anni a fare il pieno all’inverosimile. Il tutto è sempre uguale, come la camicia hawaiana del direttore artistico, ma è un giochino che funzione, portando ad uno scambio di culture internazionali dal basso. In sintesi una geniale rivoluzione artistica. E a proposito di spazi, occorre invece sfruttare al meglio i tanti contenitori artistici di cui Ferrara è dotata. E proprio in questi anni di emergenza terremoto, con molti edifici da ristrutturare, si sente l’esigenza di rinnovare anche i vari percorsi museali ed espositivi. A cominciare proprio dal Castello, monumento simbolo della città e che, tra non poche polemiche, potrebbe ospitare in futuro la Pinacoteca. Stesso discorso merita Palazzo Diamanti, dove è previsto un lavoro di allargamento che ha già fatto storcere il naso a molti intellettuali cittadini. L’obiettivo è anche quello di dare un nuovo impulso a Palazzo Massari una volta rimesso a nuovo, così come pure Schifanoia.
La sfida è quella di migliorare il patrimonio museale della città, il più delle volte abbandonato a se stesso. I dati degli ultimi mesi sono confortanti, ma bisogna fare di più e meglio per costruire anche un importante volano per il settore turistico. In serie A si rimane non solo confermando tutto quello che di buono è stato fatto in questi anni e sarebbe un suicidio cambiare: dai già citati Buskers a “Ferrara sotto le Stelle”, da Internazionale ai tanti festival letterari minori, ma anche programmando meglio l’offerta museale cittadina. Occorre più sinergia tra i contenitori statali: Pinacoteca Nazionale, Museo Archeologico e Casa Romei e le realtà civiche a cominciare proprio da Schifanoia. Maggiore collegamento anche sugli eventi: positivo quello che vuole creare con la prossima mostra di Bononi percorsi condivisi in varie zone della città che richiamano l’opera dell’autore. Le sinergie vanno sfruttate meglio e possono diventare il vero motore. Lodevole l’impegno dell’associazionismo ferrarese, vivace e composito sul piano culturale. Sarebbe necessaria più spinta invece dai privati, se si eccettuano positive e purtroppo ancora rare esperienze. Tra musica: dal jazz alla classica grazie anche al prezioso contributo del conservatorio, cinema – e non poteva essere altrimenti nella città di Antonioni e Vancini, - arte e spettacoli, Ferrara può dare ancora molto sul piano culturale, sfruttano a dovere anche la prossima apertura ufficiale del Meis. Un top player che potrebbe fare la differenza.
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Ferrara è una provinciale vivace e incompiuta Ogni anno la salvezza è un traguardo sudato