FERRARA. Se l’intenzione dei consiglieri camerali che hanno fatto fronte comune contro l’elezione del ravennate Giorgio Guberti alla presidenza della Camera di Commercio che verrà era quella di forzare per spuntare una posizione migliore negli assetti futuri, l’impressione è che non si siano fermati in tempo. Che abbiano tirato la metaforica corda oltre il punto di rottura. Martedì. Nelle quasi due ore in cui hanno lasciato la delegazione dei romagnoli e degli alleati ferraresi (i commercianti di Ascom e Confesercenti) fuori dalla porta, per un fitto conciliabolo da cui sono usciti rilanciando alto su tutto il fronte - rappresentatività, numeri e nomi - con la pretesa di mettere in discussione persino la sede a Ravenna che pure è indicata nel decreto di fusione tra le due Camere di Commercio. È finita lì, è finita male.
Senza intesa sul presidente, vengono meno le garanzie territoriali, raggiunte in mesi di confronto, che riserverebbero ai ferraresi una rappresentanza maggiore del loro peso effettivo, in un quadro di sostanziale equilibrio negli organismi camerali. La parità 4-4 in giunta, se confermata, nella migliore delle ipotesi, sarebbe degradata a concessione per cui dover dire grazie. E in consiglio la matematica annuncia un risultato diverso da quel 14-16 che la settimana scorsa pareva prospettiva a portata di mano, con la garanzia che tutte le associazioni ferraresi potessero prendere almeno un rappresentante.
Liste e apparentamenti sono pronti, domani saranno controfirmati e presentati entro martedì. Dal giorno successivo dovranno muoversi le diplomazie. Con i presidenti, proverbialmente più concilianti dei direttori.
Buona domenica.
Luca Traini